Guizhou: il cuore verde della Cina (anno 2005) - I° PARTE

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Da Kunming, capitale dello Yunnan, col nostro bus privato verso il Guizhou. Prima fermata è il vecchio villaggio Qindang di 6 secoli fa! Così doveva essere la Cina fino a 40 anni fa: il villaggio con le mura intorno, la porta a nord e quella a sud, intorno risaie, contadini e bufali. Una lunga e ripida scalinata ci porta al tempio buddista Hongfu Si. Incenso e fiori al Buddha sorridente. Il fascino delle pagode sul lungofiume, grattacieli futuristici svettano sullo sfondo. A Tianlong Lahon visitiamo un mercato dove le donne indossano quotidianamente i loro costumi tradizionali. Siamo nella zona di Anshun dove vivono i discendenti dei soldati imperiali Ming inviati a stabilizzare i confini dell’impero e dove si sposarono. Ora questo popolo è molto fiero delle proprie origine “guerriere” e si chiamano “il popolo di Nanjing”. Furono proprio loro a portare qui l’opera Dixi. Le maschere sono associate ai tipi morali dei guerrieri. Ci sono tamburi e gong e nelle danze sono usate anche “mosse” delle arti marziali. In un cortile molti uomini con giacca blu e barbette bianche, seduti sui loro bassi panchetti, fumano le loro piccole pipe di bambù ad acqua dove mettono interi pezzi di tabacco. Notano che sto fumando una sigaretta così mi fanno cenno di entrare e di sedere con loro. Offro sigarette, in cambio mi fanno dare qualche boccata dalla loro pipa, sono in un vero “reparto fumatori”. Anshun un tempo era un importante centro di scambio del thé e dell’oppio, oggi si producono soprattutto batik. Visitiamo le grotte Zhijin: ampie sale con rocce a forma antropomorfa, soprattutto meduse che sembrano salire dalle profondità marine, e conchiglie e coralli in roccia variegata. Lungo strada i terrazzamenti a risaia ci circondano sembrano quadri d’autore con diverse tonalità di verde. Poi appaiono le piramidi di vegetazione, colline aguzze che si rincorrono tra le case, i fiumi, i ponti, le strade. Una bruma sottile le circonda.

Sostiamo per la notte in vari villaggi Miao, Lui Zhu, e Stone Buy. Come al solito siamo obbligati a bere della grappa da piccoli bicchieri di ceramica, è il rito del benvenuto per i visitatori. Qui le donne per le feste si mettono il copricapo a corno foderato da circa 3-4 kg. di lana nera ammatassata, soprattutto durante la festa della primavera.  E’ gente povera e paghiamo il capo villaggio per assistere allo spettacolo come un contributo alla salvaguardia della loro cultura. E’ interessante assistere alla vestizione delle ragazze, soprattutto alla preparazione delle capigliature. Nel popolo Miao gli abiti identificano la comunità di appartenenza, ci sono costumi diversi per le donne sposate e quelle nubili. Prima del matrimonio le donne ricamano i port-enfant, e abiti per bambini con molti simboli per allontanare gli spiriti maligni e augurare ai nascituri felicità, fortuna e salute, come ad esempio il simbolo del leone e della tigre. Il ricamo, nella cultura Miao, sostituisce la scrittura che non esiste. Raccontano la storia della loro evoluzione e della loro venuta dal nord della Cina (nota 1). Ci sono i Miao Neri, Rossi e Bianchi. I  Miao dalla gonna lunga o corta, delle Montagne o del Fiume. Secondo una leggenda i Miao derivano dalle uova di una farfalla che dettero vita ad un drago, un serpente, un elefante e una tigre. Sono tutti animisti e shiamanisti ed ogni villaggio ha il proprio shiamano.

Nota 1 Probabilmente vivevano nella valle del Fiume Giallo 4500 anni fa. Nel 1990 c’erano più di 7 milioni di Miao qui residenti. Molti di loro vivevano in Vietnam e Cambogia. Dopo la fine della guerra in Vietnam quelli che avevano aiutato gli americani si trasferirono negli Stati Uniti, soprattutto negli stati del Minnesota, Wisconsin e California.

Testo e foto di Letizia Del Bubba

[caption id="attachment_11555" align="alignnone" width="880"] Photo@Credits by Letizia Del Bubba[/caption]

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