L’Uklì Bulà, cerimonia iniziatica degli Hamer nella Valle dell’Omo

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La Valle dell’Omo, situata nel sud dell’Etiopia, deve il suo nome all’omonimo fiume che nasce nell’altopiano a sud ovest di Addis Abeba e dopo 760 km termina la sua corsa in Kenya, nel leggendario Lago Turkana. È una regione affascinante popolata da un numero ragguardevole di tribù seminomadi che hanno sviluppato un universo simbolico di estrema ricchezza e grande varietà. Le pitture corporali, le scarnificazioni, i copricapo di piume, i gioielli e i piattelli labiali definiscono il clan di appartenenza e lo status del singolo individuo. Un’esplosione di forme, colori e segni enigmatici che abbelliscono volti e corpi dalla notte dei tempi ed il fatto che oggi, complice l’arrivo del turismo di massa, il tutto si sia in parte “commercializzato”, non significa che non sia più “sentito” o che sia meno “autentico” di prima. Dei tanti gruppi che popolano la Valle dell’Omo, oggi vi racconterò qualcosa degli Hamer e dell’Uklì Bulà (o Salto del Toro), la loro cerimonia più importante. Un po’ come per la Donga dei Surma, assistere al Salto del Toro è questione di fortuna dato che non ci sono date prestabilite per la celebrazione e ciò ne dimostra la genuinità. Questi riti continuano a essere fatti per loro e non per noi.

L’Uklì Bulà è la cerimonia di iniziazione che segna il passaggio dei giovani Hamer dall’adolescenza all’età adulta con un salto nella scala sociale che gli consentirà di contrarre il matrimonio, possedere bestiame e avere dei figli. Per l’occasione, le donne indossano gonne di pelle di capra, si adornano con pesanti collane e bracciali in metallo e lavorano i capelli in elaborate treccine addolcite da una polvere d’argilla rossa mista a grasso animale mentre gli uomini portano in testa una o due piume a seconda della loro importanza-ruolo nella tribù.

La cerimonia ha luogo in un ampio spazio libero da recinti, capanne e arbusti in cui il giovane iniziato deve dimostrare il suo valore saltando su una fila di sette tori. Ha inizio nel primo pomeriggio quando le donne, con le gambe adornate di sonagli ed il corpo unto d’olio, si mettono a danzare in cerchio suonando delle trombette ed invitando i Maza – termine con cui si definisce chi ha già superato la prova del salto ma non ha ancora trovato moglie – a raggiungerle e frustarle con dei sottili rami secchi. Per quanto possa apparire truce, quello delle frustate è un momento rituale molto importante per le donne Hamer che dimostrano la loro forza e il loro coraggio guadagnandosi il rispetto della tribù.

Nel frattempo il giovane iniziato si prepara alla cerimonia rasandosi la metà anteriore del cranio mentre i Maza, che hanno il compito di scegliere i tori, si dipingono il corpo e il volto.

Poi, insieme all’iniziato, si appartano sotto gli alberi per praticare un rito propiziatorio. Il giovane passa ai Maza l’ukli boku, un piccolo bastone di legno intagliato, che loro stringono tra un fascio di rami e poi lo passano agli anziani che vi posano sopra quattro bracciali di metallo. A quel punto i Maza sollevano i rami e lasciano cadere a terra i bracciali. Questo gesto rituale è ripetuto quattro volte in corrispondenza dei quattro punti cardinali affinché la buona sorte segua il designato, ovunque egli sia. Infine l’iniziato viene benedetto dagli anziani e condotto di fronte ai tori radunati dai Maza che li tengono fermi per “agevolare” l’impresa del giovane.

Al segnale di partenza lanciato dai Maza l’iniziato, completamente nudo fatta eccezione per due cordoni incrociati sul petto, prende la rincorsa e salta sul dorso del primo toro e a seguire su quello di tutti gli altri mentre i presenti lo incitano a terminare con successo ripetendo il tragitto – andata e ritorno – per quattro volte.

Una volta conclusa la prova, il giovane uomo – che ormai può ritenersi adulto – si avvia verso il villaggio seguito dalla folla dove la madre ha preparato cibo per tutti e le donne si lanciano in danze sfrenate che si protraggono per due giorni e due notti.

Diana Facile

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